News / Peste suina - la posizione del Club Alpino Italiano
21 Gennaio 2022
Misure per il contenimento del contagio da Peste Suina Africana: divieto di escursionismo pedonale e ciclistico nelle province di Alessandria, Genova e Savona.
La comparsa del primo focolaio di Peste Suina Africana (PSA) in territorio italiano continentale ha comportato, in osservanza delle vigenti normative europee e nazionali, l’adozione da parte delle competenti autorità sanitarie di stringenti misure per il contenimento e l’eradicazione della malattia, misure che includono anche il divieto dell’escursionismo in ogni sua forma. Il CAI ne viene conseguentemente e inevitabilmente coinvolto, soprattutto nei suoi organi periferici di area LPV. Infatti la gravissima patologia è stata recentemente diagnosticata in alcuni cinghiali trovati morti nel territorio al confine tra le province di Alessandria e Genova, nelle zone tra Ovada e Ronco Scrivia. L’area interessata dalle restrizioni sanitarie comprende ben 114 comuni, dei quali 78 in Piemonte (Alessandria) e 36 in Liguria (Genova e Savona). In base al principio di precauzione e alla gravità della minaccia incombente i divieti sono stati estesi anche ai territori di diversi comuni non ancora infetti. Il provvedimento, particolarmente penalizzante, viene motivato nell’ordinanza ministeriale di adozione col fatto che “la PSA può avere gravi ripercussioni sulla salute della popolazione animale e sulla redditività del settore zootecnico suinicolo, incidendo in modo significativo a causa di perdite sia dirette che indirette, con possibili ripercussioni economiche in relazione al blocco delle movimentazioni di suini vivi e dei relativi prodotti derivati”.
In effetti è bastata la semplice diffusione della notizia del focolaio PSA ligure/piemontese per penalizzare severamente la filiera suinicola, ad esempio con il divieto (totale o regionale) da parte di tutti (N.d.r.: fortunatamente solo alcuni, al momento - 21.01.2022) i paesi del mondo di importazione del prosciutto italiano, uno dei nostri prodotti nazionali di maggior fama e rilevanza economica.
Esistono due patologie virali dei suidi (maiali e cinghiali) denominate Peste suina: quella classica (PSC) e quella africana (PSA). Entrambe non sono trasmissibili all’uomo né ad altri animali domestici oltre ai suini. Entrambe manifestano sintomatologia e quadro anatomopatologico di una grave forma di febbre emorragica. Esse sono però sostenute da agenti virali tra loro completamente diversi: la PSC da un pestivirus a RNA, la PSA da un asfivirus a DNA (African Swine Fever Virus). Entrambe sono sottoposte a un piano nazionale di sorveglianza veterinaria e a obbligo di denuncia.
Come detto l’attuale emergenza riguarda la PSA, che può avere una letalità estremamente elevata, anche fin oltre il 90% ed è incurabile; ad oggi non esistono nemmeno vaccini. La malattia è estremamente contagiosa in maniera diretta e indiretta, per contatto con animali infetti o con escrementi e carcasse; inoltre l’agente può essere diffuso, senza manifestare malattia, anche da animali diversi dai suini, in particolare è stato dimostrato il ruolo di vettore virale delle zecche dei volatili del genere Ornithodoros. Per di più questo patogeno è particolarmente resistente: l’infettività è conservata fino a un mese nelle deiezioni, fino a 15 settimane nel sangue in decomposizione e nella carne refrigerata e per 5/6 mesi nei prosciutti. Per essere devitalizzato dal calore il virus della PSA deve essere esposto per almeno 30 minuti a una temperatura di 70°C.
Ai fini del contenimento del contagio è particolarmente importante la messa in atto di attente misure di sorveglianza passiva che consentano il rinvenimento, la rimozione e la distruzione delle carcasse dei cinghiali infetti.
La malattia è presente in Sardegna in forma endemica dal 1978, con alterne fasi di virulenza, senza essere stata ancora del tutto eradicata. In Europa la PSA, arrivata dalla Georgia nel 2007, è andata estendendosi con andamento rapidamente espansivo nei paesi dell’ex Unione Sovietica, in Polonia, Ungheria, Slovacchia, Romania, Bulgaria e Grecia. Nel gli ultimi anni se ne sono registrati sporadici episodi in suini di allevamento intensivo in Germania nordorientale e Belgio, risolti con abbattimento di tutti i capi allevati in azienda e distruzione delle carcasse. Dell’agente virale sono noti ben 22 diversi genotipi ma solo due fuori dall’Africa. Il genotipo 2, detto Caucasian, è quello presente nell’Europa continentale ed è quello isolato anche nel focolaio ligure/piemontese. Invece il genotipo 1 è quello presente in Sardegna. Ne consegue ovviamente che il focolaio di nostro diretto interesse deriva dal grande serbatoio virale centro/est europeo e non da quello sardo.
In relazione ai danni sicuramente derivanti anche al comparto turistico dal divieto di esercizio in ambienti extraurbani di tutte le attività all’aperto, escursionismo compreso, risultano essersi attivati enti locali e associazioni di categoria nel richiedere un ridimensionamento dei divieti stessi, oltre che programmi di ristoro delle perdite economiche. In questa fase ritengo sia però opportuno per il CAI attendere che si evidenzi l’auspicato effetto positivo dei provvedimenti restrittivi adottati, augurandoci che i soggetti colpiti non aumentino e non si estenda la zona sicuramente infetta, di modo che le competenti autorità sanitarie possano a ragion veduta eventualmente ridimensionare il territorio interessato dal primo provvedimento restrittivo assunto in via cautelativa, comunque in ottemperanza a norme comunitarie.
Ivan Borroni
Veterinario
Presidente Comitato Scientifico CAI LPV